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Il rientro dalla maternità

By 11:42 ,

Lavoravo per una multinazionale. Nel marketing di sviluppo di una linea cosmetica. Un lavoro bellissimo, con persone in gamba, a contatto con agenzie, fornitori, fotografi. Poi sono arrivate le acquisizioni, sempre più gente ha accettato buone uscite, prepensionamenti. Nasce Emma, a un passo dal rientro l'ultima acquisizione e il trasferimento della società in un'altra città. Resto a casa, ma per poco, forse due giorni, trovo subito un altro lavoro. Sempre marketing, ma lo sviluppo viene fatto in America e noi commercializziamo. Il marketing si trasforma in scelta dei prodotti da lanciare e tanti, troppi numeri. Bilanci, perché l'amministrazione e il controllo di gestione sono in Uk, previsioni di vendita, perché la logistica e i magazzini sono in Francia. Pochi contatti con l'esterno, tante riunioni, tante ore davanti al pc a macinare numeri. E tante ore al lavoro, con Emma a casa con la tata. Nasce Alberto. Vanno al nido e io rientro col part-time. Più o meno, perché lavoravo dalle 8 alle 15.30 senza pausa pranzo quando andava bene. Uscivo spesso più tardi, in più i viaggi, le ore dopocena sempre davanti al computer. Nasce Giovanni. La gestione con tre bimbi è veramente un incastro. Siamo sprovvisti di nonni, se non per le emergenze vere, ma che possono succedere non più di un paio di volte l'anno, altrimenti tocca a me stare a casa. Con conseguente malcontento mio e dell'azienda. Oggi vado a parlare con la mia responsabile. Un paio d'anni più di me, childfree, come tutte le donne lì dentro. "Ho bisogno del part-time per riuscire a gestire tutto". "Noi lavoriamo 12 ore al giorno, non posso fare favoritismi proprio a te (che sei pure mamma e ti sei sparata due maternità)". Così si conclude la mia storia lavorativa presso le multinazionali. Che strano. Mi sento strana, agitata per il futuro. Non mi manca l'ufficio, il tempo alla macchinetta lungo di chi tanto lì ci passa 12 ore, gli intrighi tra i colleghi e men che meno le riunioni e le badilate di numeri. Resta un po' di amarezza per non essere riuscita a conciliare famiglia e lavoro. Mi manca un po' il vestirsi per andare in ufficio, lo "staccare" dalla casa e dalla famiglia. Nutro forti speranze per la mia nuova attività (www.sonoalmondo.it). Tanta incertezza per il futuro. Ho bisogno di qualche parola di conforto, da chi ha fatto la mia scelta.

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2 commenti

  1. Ciao Elena :)
    Sono Chiara e ti ho "scoperta" grazie al tuo commento da Claudia... sai, anche io adoro le stoffe... e quando hai detto che a Milano c'è un negozio dove se ne trovano di tutti i tipi... non ho potuto resistere e ho voluto conoscerti un pò di più!!! ;))))

    Comunque... riguardo a questo post... forse ora ti senti sconsolata e spaesata. Ti capisco, anche se la mia scelta di lasciare il lavoro è stata fatta in maniera diversa, perchè ho voluto seguire i miei figli da subito, pertanto non ho dovuto fare l'"equilibrista", per incastrare tutto. Ma anche così ci sono gli alti e bassi... insomma, alla fine è vero che si sta coi propri figli ecc ecc... però anche uscire per andare al lavoro, è un pò uno staccare, e ogni tanto serve anche quello. Però, dai, non buttarti giù... vedo che hai iniziativa, e vedrai che qualcosa di bello riuscirai a farlo, lavorativamente parlando. Anche io sto cercando di reinventarmi un lavoro, anche se il tempo è quello che è perchè i bimbi mi recalamano spesso... diciamo che la mia vena sognatrice non mi fa perdere la speranza! ;)

    Intanto ti faccio un grosso in bocca al lupo!
    ciao ciao
    Chiara

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    Risposte
    1. Ciao Chiara,

      Benvenuta e grazie per il bel commento! Spero solo di concludere in fretta.
      Oggi ho comprato un brsone di stoffe, adesso le sto guardando per meditare cosa farci..
      Elena

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